amore, narcisismo e relazioni patologiche
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Il cuore dell’Ego Empty Il cuore dell’Ego

Lun Nov 27, 2017 9:58 pm
Il cuore dell’Ego

Il cuore dell’Ego è il narcisismo: il proprio io diventa misura di ogni cosa, il centro del mondo, attorno a cui tutto il resto ruota. Gli altri diventano oggetti da manipolare e sfruttare per soddisfare i propri bisogni e desideri. Sentendosi nel giusto, dandosi ragione perché non c’é empatia, né compassione. Gli altri, come persone libere e autonome, non esistono proprio.
Il narcisismo ci rende ottusi e spietati. Pigri, perché altri devono fare al nostro posto. Grandiosi, perché gli altri devono riconoscere che siamo speciali, superiori, assolti dalle regole di convivenza e dalle incombenze comuni.
Sforzo e impegno sono parole che il narcisista detesta. Lui è diverso, le cose gli sono dovute. Segue sempre la via di minore resistenza: gratificazione immediata, piaceri facili, piaceri orali, senza fatica. Pigrizia, disordine, mancanza di disciplina sono le sue pratiche comuni.

Esternalizzazione
Che altri ne paghino le conseguenze, è per lui del tutto irrilevante. I loro sentimenti non hanno importanza, generano solo fastidio, e possono essere tranquillamente calpestati.
Dare un feedback o richiamare un narcisista ai suoi compiti, è come accendere un fiammifero vicino ad un secchio di benzina: la sua rabbia divampa in modo esplosivo. La rabbia narcisistica è incontenibile, perché trova il suo alimento non nella situazione attuale, ma nelle umiliazioni ricevute in passato, alle quali il narcisista ha detto: MAI PIU’. E’ un fatto di sopravvivenza: l’organizzazione narcisistica si è formata per salvare il paese dall’annientamento, dalla distruzione dell’identità, sotto il fuoco incrociato delle umiliazioni e delle squalifiche dei propri sentimenti.
La legge dell’informatica: garbage in, garbage out, è valida anche per la psiche. Esce quello che è stato messo dentro, con qualche variante e adattamento. Il narcisista riproduce la medesima danza che è stata praticata con lui. Restituisce agli altri le esternalizzazioni ricevute, sentendosi in diritto di farlo: gli altri non sono migliori di me.


Giudizio o compassione
Ogni cosa può essere vista dall’anima o dall’Ego. Se osserviamo la configurazione narcisistica a partire dall’Ego, la giudichiamo e proviamo solo rabbia e disprezzo. In tal modo pratichiamo lo stesso tipo di danza che condanniamo in questa configurazione. Il narcisista alimenta la sua rabbia giudicando gli altri, dei quali teme il giudizio. Quando noi pratichiamo il giudizio nei confronti del narcisista, ci comportiamo da narcisisti, e contribuiamo ad alimentare la prolificazione di questo virus nel mondo.
Se osserviamo il narcisismo dall’anima, proviamo compassione, in quanto ne cogliamo la profonda sofferenza e impotenza. Impotenza ad amare, coperta dal bisogno di primeggiare ed essere speciale.

Confrontare il narcisismo

In terapia e nella formazione, confrontare il narcisismo è un compito molto delicato. Va fatto con tatto e intelligenza, aspettando il momento in cui l’intervento puà essere riconosciuto e accolto dal cliente. Ma non si tratta di tecnica o tattica. In terapia, come nella vita, più che il comportamento conta il modo di essere. Si può confrontare il narcisismo altrui nella misura in cui si è imparato a vedere e confrontare il proprio. Quindi, nella misura in cui si sono sviluppate sufficiente umiltà, dedizione alla verità e responsabilità. Ovvero nella misura in cui si pone fine alla manipolazione e all’esercizio subdolo del potere dominio o racket.

Manipolazione

La manipolazione è esercizio di falsità sufficientemente coperta da non essere riconosciuta. Quanto più la persona narcisista è intelligente, tanto più sa manipolare gli altri in modo subdolo o nascosto. Le forme rozze di narcisismo sono facilmente riconoscibili, e quindi meno pericolose. Quelle più raffinate sono le più insidiose e difficili da snidare e rivelare.
La prepotenza, la durezza, l’egoismo, sono facili da comprendere, almeno da chi non è troppo coinvolto nella relazione. La seduzione, l’enfasi di attenzioni, l’esaltazione, sono meno evidenti perché, ad una mente distratta, possono apparire benevole. Esse fanno leva proprio sul narcisismo di chi ne diviene oggetto. La persona ammirata, esaltata e sedotta, può credere così di ricevere amore, senza rendersi conto che l’amore in questione ha uno scopo che con l’amore non ha nulla a che fare: quello di irretirla, di attrarla nel mondo del seduttore, finendo così per coinvolgerla intensamente in una relazione che non è evolutiva, ma regressiva. Una relazione che è al servizio dell’Ego, non dell’anima. L’Ego del seduttore ne trae il vantaggio di essere ammirato ed esaltato a sua volta. Quello della persona sedotta, ne trae il vantaggio di ottenere il riconoscimento che ha sempre cercato. Ma si tratta di un falso riconoscimento: non un riconoscimento dell’anima e delle qualità interiori, ma un riconoscimento dell’Ego, che non indebolisce, ma rinforza il narcisismo.

Terapeuti e formatori che non hanno lavorato a sufficienza sul loro narcisismo, cadono facilmente in questa trappola: ingannando se stessi, ingannano gli altri. A tempi brevi, i risultati possono apparire eclatanti, perché il narcisismo del cliente, esaltato anziché confrontato, si allea con quello del terapeuta. Ma i risultati hanno le gambe corte, perché nascono da un idillio e un’idealizzazione reciproca. Che, vista in profondità, è una forma di sfruttamento che ognuna delle due configurazioni narcisistiche attua sull’altra. Ottenendo come risultato quello di ronforzarsi.
La psicoanalisi, la prima forma di terapia diffusa in occidente, è stata attenta a queste dinamiche. Ha perciò creato un setting rigoroso, e una formazione assai rigorosa degli psicoanalisti. Il trattamento si è rivelato spesso lungo e dispendioso. E, per ragioni che qui non posso trattare, spesso poco efficace rispetto alle risorse impiegate.
Oggi la psicoanalisi ha perso terreno. E forse è un bene, perché aveva un carattere elitario, non democratico. Si sono così sviluppate altre forme di terapia, che promettono, e spesso mantengono, tempi e costi assai inferiori. E questo è probabilmente un bene. Non è però un bene l’eccesso opposto in cui talvolta o spesso si rischia di cadere: sottovalutare l’impegno che il cambiamento richiede, e promettere soluzioni veloci e risolutive. Sotto questa pressione culturale, alcuni terapeuti e formatori si inventano ogni giorno nuove tecniche, nuove modalità di intervento, nuovi modi di approcciare il problema del cambiamento, presentati come l’invenzione risolutiva, quella che ci permetterà di ottenere ciò che vogliamo da noi stessi e dal mondo in modo rapido, immediato, indolore, e definitivo.
La corsa alla novità, alla tecnica ultimo grido, spesso non fa che coprire l’intento narcisistico che accomuna clienti e terapeuti. E il successo di questo mercato, basato sull’effimero, non è che la prova di come questo modo di avvicinarsi al problema della sofferenza umana sia perfettamente in linea con il carattere sociale, narcisistico, che in occidente ha raggiunto il suo culmine.
Su questa linea, ben si comprende l’affermazione di Thomas Merton: “Quando ho successo, mi chiedo in che cosa ho sbagliato”. Per chi decide di non fliltare più con il proprio e altrui narcisismo, il monito di Merton può essere di grande insegnamento. Il successo dell’Ego è insuccesso dell’anima.


Vittime e perdenti non sono immuni dal narcisismo

Chi si sente vittima dell’altrui prepotenza, di solito non è meno narcisista del prevaricatore di turno. Non lo è perché giudica, si sente nel giusto, accusa e pretende dall’altro il cambiamento che non sa ottenere al suo interno. La vittima quindi manipola a sua volta la realtà, e lo fa sentendosi buona, e cercando di alleare altri nella propria propaganda. Se viene confrontata, non ascolta, non riflette, ma reagisce con indignazione. Attaccata alla sua immagine di brava persona, è permalosa e reattiva. E’ convinta di avere ragione. Non vede la propria responsabilità e, appena può, esternalizza i costi della sua cattiva politica su parenti e amici. Come ogni narcisista, rifiuta selettivamente i feedback che non confermano la sua visione. E’ orgogliosa, non umile, non radicata alla terra e alla realtà.
Il fatto di subire, di non avere successo, la fa credere di essere oggetto di ingiustizia. Il monito di Merton viene da lei interpretato in modo da darsi ragione: vedi, non ho successo, continuo a essere prevaricata, proprio perché mi comporto bene.



L’organizzazione narcisistica è presente in ogni persona, perché ogni bambino ha incontrato l’abuso di potere, o direttamente nei suoi confronti, attraverso rifiuti e umiliazioni, o praticato intorno a sé e ampiamente premiato come esempio da seguire. Una società narcisista genera figli narcisisti. Ciò che varia nelle persone è solo la dimensione e l’intensità del fenomeno.
Nella società dell’immagine e dei consumi, la danza narcisista si è rafforzata e diffusa in modo esponenziale. Sentimenti, qualità interiori, reali capacità, non hanno alcuna rilevanza. Ciò che conta è l’aspetto esteriore, l’esibizione di forza e intelligenza opportunista, il possesso di denaro e di beni. Dio è morto, e con lui i principi che il suo simbolo ispirava. L’amore verso il prossimo, come valore, si è convertito in distanza e ricerca di potere.

Ma perché il narcisista ricerca il potere? Perché è fragile, perché ha i piedi di argilla. Accanto all’immagine grandiosa che esibisce all’esterno, convive l’immagine da cui egli cerca disperatamente di fuggire: quella di essere una nullità, senza alcun valore. Il narcisista teme il giudizio e teme la critica, anche costruttiva, perché lo richiama alla realtà. Ma la realtà, per lui, dietro la maschera grandiosa, è il vuoto, la nullità dei sentimenti, l’insignificanza. Il narcisista ha paura di rivelarsi, perché nel suo profondo si sente inaccettabile. Se l’immagine negativa sale alla superficie, egli si sente perduto. Riaffiora il dolore e il senso di umiliazione: si sente debole, esposto, impaurito.
Il narcisista disprezza i sentimenti degli altri perché disprezza i suoi stessi sentimenti, quelli autentici, quei sentimenti che lo portano a ricontattare il dolore e la depressione originaria. Da quei sentimenti si è distaccato, scegliendo la via schizoide dell’alienazione e la loro copertura attraverso la rabbia.
Se guardiamo la superficie, del narcisista vediamo l’arroganza e la prepotenza verso gli altri. Se guardiamo in profondità, attraverso gli occhi dell’anima, vediamo che egli pratica la danza della prepotenza in primo luogo nei confronti di se stesso, nei confronti delle proprie parti tenere e dei suoi sentimenti più intimi. Il cuore della sua anima, il flusso dei sentimenti profondi, è impedito e imprigionato. Carceriere di se stesso, è diventato captivus, cattivo. Separandosi, alienandosi da sé, ha tradito la propria anima. Abbandonato il sinballein, la scintilla divina, la coscienza ubuntica, la fiducia nel tutto, si è affidato al diaballein, al diavolo, al grande mentitore interno.
Chi del narcisista vede solo la superficie, lo giudica sentendosi nel giusto. In tal modo, non ascoltando la sua anima, alimenta il proprio e l’altrui narcisismo.

http://www.mauroscardovelli.com/PNL/Consapevolezza_di_se/Sul_narcisismo.html
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