amore, narcisismo e relazioni patologiche
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Sab Dic 02, 2017 3:30 pm

Spero che questo articolo, che si basa sugli studi della Psichiatra Francese Marie-France Hirigoyen (tradotto da Marylise Veillon), possa in qualche modo essere d’aiuto a tutte le vittime della violenza psicologia di persone affette da questo disturbo.

“Il boia” o “perverso narcisista” seguendo la patologia messa in luce da Marie-France Hirigoyen, può essere sia un uomo che una donna; la violenza morale non è appannaggio dei soli uomini, un gran numero di donne sono tiranni domestici; i media danno troppo spesso l’impressione che sono tutti uomini, e dobbiamo sfatare questo giudizio errato; gli uomini vittime hanno semplicemente maggiori difficoltà a parlare delle loro sofferenze.

Quale sia il suo s*sso, la sua età, la sua nazionalità, il boia ha sempre il medesimo comportamento, vampirizza la sua vittima, succhiando la sua energia vitale. Possono passare anni prima di rendersi conto del procedimento di distruzione messo in moto. All’inizio possono essere soltanto piccoli rimproveri, frasi anonime ma sprezzanti, colme di sottintesi che feriscono, avviliscono, perfino violenti, è la ripetizione costante di queste azioni che rende l’aggressione evidente. Spesso un incidente di percorso scatena la crisi che spinge l’aggressore a svelare la sua trappola; di regola, è la presa di coscienza della vittima, e i suoi soprassalti di rivolta, che scateneranno il procedimento di messa a morte: in quanto può esserci reale messa a morte psichica, in cui l’aggressore non esiterà ad adoperare tutti i mezzi per pervenire al suo fine: distruggere la sua preda.

Il perverso narcisista è una persona totalmente priva di empatia, la quale non risente nessun rispetto per gli altri, che considera come oggetti utili ai suoi bisogni di potere, d’autorità. Ha bisogno di schiacciare per esistere: e la preda ideale resta la bambina fragile e malleabile, con la sua fiducia illimitata e la sua sete d’amore e di riconoscenza.

Il boia non possiede alcuna personalità propria, è bensì forgiata su delle maschere le quali vengono cambiate a secondo dei bisogni, passando da seduttore parato da tutte le qualità, a quella di vittima debole e innocente, conservando il suo vero viso di demonio soltanto per la sua vittima. E ancora, può giocare con lei al gatto e al topo, facendo zampa di velluto per meglio tenerla, poi tirando fuori gli artigli quando cerca di sfuggirgli.

Sono spesso esseri dotati di un’intelligenza machiavellica, che permette loro di elaborare trappole molto sottili.

Colpevolizzano ad oltranza la loro preda, non sopportano di avere torto, sono incapaci di discussioni aperte e costruttive; ridicolizzano apertamente la loro vittima, non esitando a denigrarla, ad insultarla per quanto possibile senza testimoni, sennò lo fanno con sottigliezza, tramite allusioni, altrettanto distruttive, ma invisibili agli sguardi non esperti.

Diffidiamo dal suo aspetto seducente. Il perverso narcisista è un vampiro, senza affetto, il quale aspira la sostanza vitale della sua vittima fino a distruggerla.

Un Narciso, nel senso del Narciso di Ovidio, è qualcuno che crede trovarsi guardandosi in uno specchio. La sua vita consiste a cercare il suo riflesso nello sguardo degli altri. L’altro non esiste in quanto individuo ma in quanto specchio. Un Narciso è un guscio vuoto il quale non ha esistenza propria; è uno pseudo, il quale cerca di creare un’illusione per mascherare il suo vuoto. Il suo destino è un tentativo di evitare la morte. E’ qualcuno il quale non è mai stato riconosciuto come essere umano ed è stato obbligato a costruirsi un gioco di specchi per darsi l’illusione di esistere. Come un caleidoscopio, questo gioco di specchi si può ripetere all’infinito, ma questo individuo resta costruito sul vuoto.

Il Narciso, non avendo sostanza propria, si attacherà all’altro e, come una sanguisuga, tenterà di aspirare la sua vita. Essendo incapace di una reale relazione, non può farlo che in una forma perversa, di malignità distruttiva. Incontestabilmente, i perversi risentono un godimento estremo, vitale, alla sofferenza dell’altro e ai suoi dubbi, cosi come prendono piacere a controllare l’altro e ad umiliarlo. Tutto incomincia e si spiega a partire dal Narciso vuoto, costruzione di riflesso, in sostituzione di sé stesso con niente all’interno, allo stesso modo in cui è costruito un robot per imitare la vita, avere tutte le apparenze o tutte le performance della vita, senza la vita. La sregolatezza s*ssuale o la cattiveria non sono altro che conseguenze ineluttabili di questa struttura vuota. Come i vampiri, il Narciso vuoto ha bisogno di nutrirsi della sostanza dell’altro. Quando la vita non c’è, bisogna tentare di appropriarsene o, nell’impossibilità di farlo, distruggerla affinché non ci sia vita da nessuna parte.

I perversi narcisisti sono invasi da un’altro del quale non possono fare a meno. Quest’altro non è neanche un doppione, il quale avrebbe un’esistenza, ma solo un riflesso di loro stessi. Da qui la sensazione che hanno le vittime di essere negate nella loro individualità. La vittima non è un’altro individuo, ma un riflesso. Ogni situazione che rimetterebbe in questione questo sistema di specchi, mascherando il vuoto, non può che provocare una reazione a catena di furore distruttivo. I perversi narcisisti non sono altro che macchine a riflessi, i quali cercano in vano la loro immagine nello specchio degli altri.

Sono insensibili, senza affetto. Come una macchina a riflessi potrebbe essere sensibile? Di questo modo, non soffrono. Soffrire presuppone una carne, un’esistenza. Non hanno storia, poiché assenti. Solo esseri presenti al mondo possono avere una storia. Se i perversi narcisisti si rendessero conto della loro sofferenza, qualcosa inizierebbe per loro. Ma sarebbe qualcosa di diverso, la fine del loro precedente funzionamento.

I perversi narcisisti sono individui megalomani che si pongono come referenti, come metro di paragone del bene e del male, della verità. Si attribuisce loro spesso un aria moralistica, superiore, distante. Anche se non dicono nulla, l’altro si sente colto in fallo. Mettono avanti i loro valori morali irreprensibili che danno il cambio e una buona immagine di loro stessi. Denunciano la cattiveria umana. Presentano una totale assenza di interesse ed empatia verso gli altri, ma desiderano che gli altri s’interessano a loro. Tutto è loro dovuto. Criticano tutti quanti, non ammettono nessuna messa in causa e nessun rimprovero. Di fronte a questo mondo di potere, la vittima si ritrova per forza in un mondo di errori. Mostrare quelli degli altri è un modo di non vedere i propri difetti, di difendersi contro un’angoscia di ordine psicotico. I perversi entrano in relazione con gli altri per sedurli. Vengono spesso descritti come persone seducenti e brillanti. Una volta preso il pesce, bisogna soltanto mantenerlo agganciato finché se ne ha bisogno. L’altro non esiste, non è né visto né ascoltato è soltanto usato. Nella logica perversa, non esiste la nozione di rispetto dell’altro.

La seduzione perversa non comporta nessuna affettività, in quanto il principio stesso del funzionamento perverso è di evitare qualsiasi affetto. Lo scopo è di non avere sorprese. I perversi non si interessano alle emozioni complesse degli altri. Sono impermeabili all’altro e alla sua differenza, tranne che abbiano il sentimento che questa differenza possa disturbarli. E’ il diniego totale dell’identità dell’altro: l’attitudine e i pensieri dell’altro devono essere conformi all’immagine che loro si fanno del mondo.

La forza dei perversi è la loro insensibilità. Non conoscono alcun scrupolo d’ordine morale. Non soffrono. Attaccano in piena impunità, in quanto quand’anche di ritorno, i partner utilizzano delle difese perverse, sono stati scelti per non raggiungere mai la virtuosità che li proteggerebbe.

I perversi possono appassionarsi per una persona, un’attività o un’idea, ma queste fiammate restano molto superficiali. Ignorano i veri sentimenti, in particolare quelli di tristezza o di lutto.

Le delusioni scatenano in loro collera o risentimento, con un desiderio di rivincita. Ciò spiega la rabbia distruttrice che li coglie in caso di separazioni. Quando un perverso riceve una ferita narcisista (disfatta, rigetto), risentono un desiderio illimitato di ottenere una rivincita. Non è come in un individuo collerico, una reazione passeggera e confusa, è un rancore inflessibile al quale il perverso dedica tutte le sue capacità di ragionamento.

Il perverso, come tutti i paranoici, mantengono una distanza affettiva sufficiente per non impegnarsi realmente. L’efficacia dei loro attacchi si attiene al fatto che la vittima o l’osservatore esterno non immaginino che si possa essere a questo punto sprovvisti di sollecitudine o compassione, davanti alla sofferenza dell’altro.

Il partner non esiste in quanto persona, ma in quanto supporto di una qualità della quale i perversi tentano di appropriarsi.

I perversi si nutrono dell’energia di coloro i quali subiscono il loro fascino. Tentano di appropriarsi del narcisismo gratificante dell’altro, invadendo il suo territorio psichico. Il problema del perverso narcisista è di colmare il suo vuoto. Per non avere ad affrontare questo vuoto(il che significherebbe la sua guarigione), il Narcisio si progetta nel suo contrario. Diventa perverso nel senso stretto del termine: volta le spalle al suo vuoto(allorché il non perverso affronta questo vuoto). Da qui il suo amore e il suo odio per una personalità materna, la figura la più esplicita della vita interna. Il narcisio ha bisogno della carne e della sostanza dell’altro per riempirsi. Ma è incapace di nutrirsi di questa sostanza carnale, in quanto non dispone neanche di un inizio di sostanza che gli permetterebbe di accogliere, di agganciare e di fare sua la sostanza dell’altro. Questa sostanza diventa il suo pericoloso nemico, in quanto lo rivela vuoto a sé stesso.

I perversi narcisisti risentono un’invidia molto intensa riguardo coloro che sembrano possedere delle cose che non hanno, o che semplicemente traggono piacere dalla loro vita.

L’appropriazione può essere sociale, per esempio sedurre un partner il quale vi introduce in un cerchio sociale che si invidia: alta borghesia, cerchio intellettuale o artistico…Il beneficio di questa operazione è di possedere un partner il quale permette di accedere al potere. Si attaccano poi all’autostima, alla fiducia in sé dell’altro, per aumentare il loro proprio valore. Si appropriano del narcisismo dell’altro.

Per motivi che si attengono alla loro storia nei primi stadi della vita, i perversi non hanno potuto realizzarsi. Osservano con invidia che altri individui hanno ciò che occorre per realizzarsi. Passando accanto a loro stessi, tentano di distruggere la felicità che passa vicino a loro. Prigionieri della rigidità delle loro difese, tentano di distruggere la libertà. Non potendo godere pienamente del loro corpo, provano ad impedire il godimento del corpo degli altri, perfino nei loro propri figli. Essendo incapaci di amare, provano a distruggere a causa del loro cinismo la semplicità di una relazione naturale.

Per accettarsi, i perversi narcisisti devono trionfare e distruggere qualcun’altro sentendosi superiori. Godono della sofferenza degli altri. Per affermarsi, devono distruggere.

C’è in loro un’esasperazione della funzione critica, che fa che passono il loro tempo a criticare tutti. In questo modo, si mantengono nell’onnipotenza : se gli altri sono nulli, sono per forza migliore di loro.

Il motore del nucleo perverso, è l’invidia, lo scopo dell’appropriazione. L’invidia è un sentimento di bramosia, di irritazione odiosa alla vista della felicità, degli altrui vantaggi. Si tratta di una mentalità a priori aggressiva, la quale si fonde sulla percezione di ciò che l’altro possiede e di cui siamo sprovvisti. Questa percezione è soggettiva, può perfino essere delirante. L’invidia comporta due poli : l’egocentrismo da una parte, e la cattiveria, con la voglia di nuocere alla persona invidiata, d’altra parte. Ciò presuppone un sentimento d’inferiorità nei confronti di questa persona, la quale possiede ciò que si brama. L’invidioso rimpiange di vedere l’altro possedere beni materiali o morali, ma è maggiormente desideroso di distruggerli piuttosto che acquisirli. Se li deteneva, non saprebbe neanche cosa farsene. Non dispone di alcuna risorsa per questo. Per colmare la distanza che separa l’invidioso dall’oggetto della sua bramosia, basta umiliare l’altro, avvilirlo.

Ciò che i perversi invidiano, innanzitutto, è la vita nell’altro. Invidiano la riuscita degli altri, che li mette di fronte al loro proprio sentimento di fallimento, in quanto non sono maggiormente contenti degli altri che di loro stessi; niente va mai bene, tutto è complicato, tutto è una prova. Impongono agli altri la loro visione peggiorativa del mondo e la loro insoddisfazione cronica concernente la vita. Spezzano ogni entusiasmo intorno a loro, cercano prima di tutto di dimostrare che il mondo è malvagio, che gli altri sono malvagi, che il partner è malvagio. Tramite il loro pessimismo, trascinano l’altro in uno stato di depressione, per poi di seguito, rinfacciarglielo.

Il desiderio dell’altro, la sua vitalità, mostra loro le loro proprie mancanze. Ritroviamo lì l’invidia comune a tanti esseri umani, del legame privilegiato che unisce la madre e il suo bambino. Ed è perciò che scelgono il più sovente le loro vittime in mezzo a persone piene di energia, avente gusto alla vita, come se cercasserò di accapararsi un pò delle loro forze. Lo stato di controllo, di soggezione della loro vittima all’esigenza del loro desiderio, la dipendenza che creano, fornisce loro testimonianze incontestabili della realtà della loro appropriazione.

L’appropriazione è il seguito logico dell’invidia. I beni ai quali ci riferiamo qui, sono raramente beni materiali. Sono qualità morali, difficili da rubare : gioia di vivere, sensibilità, qualità comunicative, creatività, doni musicali o letterari…Quando il partner emette un’idea, le cose accadono in modo tale che l’idea emessa non rimane sua ma diventa quella del perverso. Se l’invidioso non fosse accecato dall’odio, potrebbe, in una relazione di scambio, imparare come acquisire un po di questi doni. Ciò presuppone una modestia che i perversi non hanno.

I perversi narcisisti si appropriano delle passioni dell’altro, nella misura in cui si appassionano per questa o quest’altra o, più esattamente, s’interessano a quest’altro nella misura in cui è detentore di qualcosa che potrebbe appassionarli. Li vediamo così avere colpi di cuore, poi rigetti brutali e irrimediabili. Chi li sta intorno comprende male come una persona può essere portata in cielo un giorno, per essere demolita il giorno dopo.

I perversi assorbono l’energia positiva di chi hanno intorno, se ne nutrono e si rigenerano, poi scaricano sopra loro tutta la loro energia negativa.

La vittima apporta enormemente, ma non basta mai. Non essendo mai contenti, i perversi narcisisti sono sempre in posizione di vittima, e la madre (oppure l’oggetto sul quale hanno proiettato la loro madre) è sempre tenuta per responsabile. I perversi aggrediscono l’altro per venir fuori da la condizione di vittima che hanno conosciuto nella loro infanzia. In una relazione, quest’attitudine di vittima seduce un partner che vuole consolare, riparare, prima di metterlo in una situazione di colpevole. Nelle separazioni, i perversi si pongono in vittime abbandonnate, il ché da loro il ruolo migliore e permette loro di sedurre un’altro partner consolatore.

I perversi si considerano come irresponsabili in quanto non hanno reale soggettività. Assenti nei confronti di sé stessi, lo sono altrettanto nei confronti degli altri. Se non sono mai dove li si attende, se non sono mai presi, è semplicemente che non ci sono. In fondo, quando accusano gli altri di essere responsabili di quello che succede loro, non accusano, constatano: poiché loro stessi, non potendo essere responsabili, bisogna pure che sia l’altro. Addossare la colpa all’altro, coprirlo di maldicenze facendolo passare per malvagio, permette loro non solo di sfogarsi, ma anche di imbiancarsi. Mai responsabili, mai colpevoli: tutto ciò che va male è sempre colpa degli altri.

Si difendono tramite meccanismi di proiezione: portare all'altrui credito tutte le loro difficoltà e tutti i loro fallimenti e non mettersi in causa. Si difendono anche per mezzo della negazione della realtà. Evitano così il dolore psichico, che viene trasformato in negatività.

Questa negazione è costante, anche nelle piccolezze della vita quotidiana, anche se la realtà prova il contrario. La sofferenza è esclusa, il dubbio ugualmente. Devono dunque essere portati dagli altri. Aggredire gli altri è il mezzo di evitare il dolore, la pena, la depressione.

I perversi narcisisti hanno grosse difficoltà a prendere decisioni nella vita di tutti i giorni e hanno bisogno che gli altri assumono le responsabilità al loro posto. Non sono autonomi, non possono fare a meno degli altri, il ché li conduce a un comportamento collante e a una paura della separazione; eppure, pensano che è l’altro a sollecitare la soggezione. Rifiutano di vedere il carattere divorante del loro attaccamento all’altro, dal quale potrebbe scaturire una percezione negativa della loro propria immagine. Ciò spiega la loro violenza di fronte a un partner troppo benevolo o riparatore. Se invece costui è indipendente, è percepito come ostile e ripugnante.
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